- 20 Agosto 2021
- Posted by: Cesare Longo
- Categoria: Guide Fiscali

Acquisire un’azienda può significare contrarre qualche debito appartenente alla vecchia gestione. La vendita attività, infatti, in alcuni casi prevede anche il trasferimento di pagamenti insoluti nei confronti di terzi.
La disciplina generale che regola i debiti di una società ceduta è contenuta nell’articolo 2560 del Codice Civile. Cosa stabilisce?
Nei casi di cessione d’azienda accade inoltre che vi siano dei debiti fiscali relativi a periodi precedenti. In questo articolo vi spiegheremo cosa fare e come l’acquirente può tutelarsi.
La cessione d’azienda trasferisce un complesso di beni e di rapporti che comprendono anche i debiti.
La normativa generale
Secondo la legge, nonostante l’impresa sia stata venduta, i debiti ad essa relativi anteriori al trasferimento restano a capo del venditore (cedente), a meno che i creditori non lo abbiano liberato dall’obbligo.
Per debiti anteriori alla cessione intendiamo quelli contratti prima della vendita per realizzare la produzione aziendale o lo scambio di beni e servizi.
L’eccezione
Quando tali debiti, però, risultano iscritti nei libri contabili obbligatori, l’acquirente (cessionario) ha una responsabilità solidale nei confronti del cedente. Ciò avviene per tutelare i creditori, che hanno il diritto di non vedersi privati della loro maggiore fonte di garanzia, rappresentata dall’azienda.
Il rapporto di responsabilità del compratore può essere modificato in accordo con il venditore ma non sarà opponibile ai terzi creditori.
Se il debito contratto prima del trasferimento è stato iscritto nei registri contabili, quindi, il creditore potrà rivolgersi indifferentemente al vecchio e al nuovo titolare per riscuoterlo. Lo stesso creditore avrà l’obbligo di provare che i debiti per i quali richiede il pagamento al nuovo proprietario sono stati iscritti nei libri contabili.
I DEBITI FISCALI TRA I PIU’ PERICOLOSI
Tra tutti i debiti, quelli fiscali sono tra i più “pericolosi”, sia per i particolari poteri di riscossione di cui il Fisco dispone, sia perché l’acquirente dell’azienda, nel momento in cui la compra, potrebbe non essere a conoscenza della loro esistenza e del loro ammontare; questo può accadere sia perché il venditore non glieli ha comunicati, sia perché il Fisco stesso non li ha ancora accertati, sicché esistono delle violazioni, alle quali il compratore dell’azienda è estraneo, che egli potrebbe non conoscere, con il rischio di essere esposto a richieste di pagamento da parte dell’Amministrazione finanziaria anche in seguito.
La normativa
Iniziamo col dire che la normativa in materia è molto diversa per i debiti fiscali rispetto ai comuni debiti civili, ad esempio quelli maturati verso i fornitori o le banche. Mentre per questi ultimi è sufficiente che risultino dai libri contabili, che il cedente deve mostrare e consegnare all’acquirente dell’azienda, quelli fiscali possono essere “nascosti“, ad esempio perché non accertati o non comunicati, e dunque ignoti a chi riceve l’azienda; ma di tali debiti fiscali l’acquirente per legge, sarà chiamato comunque a rispondere, entro certi limiti ed a determinate condizioni.
Infatti la normativa in materia di debiti fiscali [1] dispone che l’acquirente dell’azienda è obbligato, insieme a colui che gliela ha ceduta, per il pagamento di tutte le imposte, e delle relative sanzioni nonché degli interessi, maturate nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nell’intero biennio precedente. Inoltre, l’acquirente dell’azienda è responsabile anche per tutte le violazioni commesse in epoca antecedente, se l’Amministrazione finanziaria le ha contestate nel biennio anteriore alla cessione.
La norma non ammette eccezioni, se non quella di prevedere che il Fisco provi prima a recuperare le somme dal cedente e soltanto in seguito, se questi non abbia nel frattempo pagato, debba rivolgersi all’acquirente; quest’ultimo comunque dovrà pagare solo entro il limite del valore dell’azienda conferita, e non oltre.
E’ fondamentale, dunque, per chi abbia intenzione di rilevare un’azienda, conoscere gli strumenti a sua disposizione per tutelarsi da questi debiti fiscali ed evitare che rappresentino una “mina vagante” che potrebbe esplodere magari a distanza di anni da quello in cui la cessione d’azienda è avvenuta.
Le scritture contabili – che chi cede l’azienda è tenuto a mostrare ed a consegnare all’acquirente – non aiutano, purtroppo, a “scoprire” l’esistenza di debiti fiscali; la miglior cosa da fare sarà, invece, utilizzare un apposito mezzo che la legge offre proprio a chi intenda acquistare un’azienda da altri: il certificato di debenza, detto anche certificato dei carichi pendenti fiscali.
Perché le scritture contabili non sono sufficienti a tutelarsi?
Il codice civile prevede che chi cede un’azienda, o un ramo d’azienda (che è cosa ben diversa dalla semplice cessione dei beni aziendali) debba concludere con l’acquirente un apposito contratto [2], da pubblicizzare poi iscrivendolo nel Registro delle imprese tenuto dalla Camera di Commercio; di norma, questo contratto è oneroso, cioè prevede il pagamento di un prezzo da parte dell’acquirente, come corrispettivo del valore dell’azienda che si è ricevuta.
La prima preoccupazione dell’acquirente diligente, attento ed accorto sarà, quindi, quella di stimare correttamente il valore dell’azienda che vorrebbe comprare, e per fare questo dovrà esaminare le scritture contabili, a partire dai bilanci, ove è riportato, nello Stato Patrimoniale, il valore degli attivi: beni immobili o mobili, impianti, attrezzature, rimanenze di merci e prodotti in lavorazione, ecc., ed anche l’avviamento commerciale dell’azienda, che spesso è notevole se essa è affermata e consolidata sul mercato.
Ovviamente, dal bilancio risulteranno anche i debiti iscritti nelle scritture contabili, se esse sono state ben tenute, e compariranno, ad esempio, quelli verso i fornitori, verso le banche o altri istituti creditizi, quelli maturati verso i lavoratori dipendenti ecc.; tuttavia, dall’esame delle scritture contabili potrebbero non emergere proprio i debiti fiscali che qui ci interessano, magari perché essi non sono stati ancora accertati, oppure la contestazione delle violazioni non è stata ancora notificata all’azienda.
La normativa civile [3] prevede che in caso di trasferimento d’azienda il cedente, cioè il venditore, non è liberato dai debiti precedenti, e dunque continua a risponderne anche dopo la cessione, a meno che i suoi creditori non abbiano espressamente acconsentito ad escluderlo da tale responsabilità; e prevede anche, per ciò che qui più ci interessa, per i debiti di un’azienda commerciale l’acquirente risponde insieme al cedente se – e solo se – essi risultano dai libri contabili obbligatori.
In altre parole, se la contabilità dell’azienda tenuta dal precedente proprietario fosse lacunosa, priva dell’indicazione di taluni debiti, l’acquirente non ne diventerà responsabile proprio perché essi non risultano dai libri contabili obbligatori, e dunque il creditore potrà rivalersi solo nei confronti di chi ha venduto l’azienda. Tuttavia questa regola non vale proprio per i debiti fiscali, in quanto per essi la normativa è completamente diversa e prevede che di essi risponda, insieme al venditore, anche l’acquirente, a determinate condizioni che ora esamineremo.
Se a questo si aggiunge che i debiti fiscali molto spesso vanno oltre i normali debiti riportati nelle scritture contabili, proprio perché possono essere accertati anche successivamente, e così emergere ed essere conosciuti dall’acquirente solo dopo che ormai egli ha acquisito l’azienda, diventa indispensabile sapere cosa egli può fare per tutelarsi adeguatamente verso queste pretese future che il Fisco potrebbe rivolgere nei suoi confronti.
Come conoscere i debiti fiscali: il certificato di debenza?
La legge offre uno strumento molto utile per chi, in procinto di acquistare un’azienda, voglia sapere se essa presenta debiti fiscali e, in caso positivo, di che natura e di quale ammontare.
Infatti è possibile richiedere all’Amministrazione finanziaria, ed in primis all’Agenzia delle Entrate, il rilascio di un vero e proprio certificato ufficiale che espone l’esistenza di tutte le contestazioni fiscali che sono state sollevate all’azienda oggetto di cessione e per le quali i debiti non siano stati ancora soddisfatti: ad esempio, sarà possibile conoscere le cartelle di pagamento, gli avvisi di accertamento divenuti esecutivi, le comunicazioni di irregolarità, ecc.
Inoltre, se il certificato dovesse risultare negativo, cioè attestare l’assenza di debiti alla data in cui l’Ufficio lo rilascia, esso avrà una valenza liberatoria per l’acquirente dell’azienda: infatti, se dovessero emergere in seguito dei debiti tributari relativi all’azienda ceduta, l’acquirente non ne sarà responsabile e quindi non potrà essergli richiesto il pagamento, che rimarrà addossato esclusivamente al cedente.
Infine, il valore dei debiti risultanti dal certificato sarà un preciso limite massimo oltre il quale il Fisco non potrà mai rivalersi sull’acquirente dell’azienda, neppure se i debiti maturati in precedenza fossero maggiori.
Grazie al certificato di debenza, dunque, l’acquirente sarà in grado di sapere, in maniera esatta e certa, quanto potrebbe essere costretto a pagare dal Fisco, nel caso in cui il venditore dell’azienda non abbia assolto i debiti pregressi.
Se vi sono debiti, anche l’acquirente deve pagarli?
La risposta è sì, ma con importanti limitazioni. Innanzitutto la responsabilità dell’acquirente può essere esercitata dall’Amministrazione finanziaria solo quando essa si sia rivolto, per ottenere il pagamento, prima al cedente, e costui non ha soddisfatto interamente la pretesa del Fisco, che potrà a quel punto rivolgersi anche all’acquirente, nuovo titolare dell’azienda, per ottenere il pagamento di questi debiti pregressi e non saldati.
Inoltre, l’acquirente sarà responsabile non di tutti i debiti maturati prima del suo acquisto, ma soltanto di quelli relativi all’anno in cui è avvenuta la cessione ed ai due anni precedenti: ad esempio, per una cessione effettuata il 24 novembre 2018, l’acquirente risponderà di tutti i debiti sorti nel 2018 e di quelli del 2017 e del 2016, ma non di quelli di anni anteriori.
Questa regola però subisce un’importante eccezione: nel caso in cui il Fisco avesse irrogato sanzioni o contestato addebiti, sempre nel biennio precedente, relativi ad annualità anteriori, l’acquirente ne diventerà corresponsabile assieme al cedente. In altri termini, la regola della responsabilità per i debiti dell’anno in corso e dei due precedenti comprende non solo la data delle violazioni commesse (che potrebbero essere accertate, come spesso avviene, a distanza di tempo), ma anche la data in cui esse vengono accertate.
Così, tornando all’esempio precedente, nel caso della cessione avvenuta il 24 novembre 2018, se l’Amministrazione Finanziaria dovesse aver contestato, nel febbraio 2016, determinate violazioni ed irrogato anche le relative sanzioni, magari per annualità di imposta precedenti (es. 2013 o 2014), l’acquirente sarebbe responsabile per il pagamento anche di queste, perché ciò che conta è la data di avvenuto accertamento delle violazioni e dell’irrogazione delle sanzioni, che è avvenuto entro il biennio di riferimento.
Il certificato di debenza, comunque, aiuta a porsi al riparo da questa eventualità, perché, riportando nel dettaglio i tributi e le sanzioni rimasti impagati, consente di individuare agevolmente quelli rientranti nel biennio in questione – di cui sarà responsabile anche l’acquirente, qualora il cedente non provveda a saldarli – rispetto a quelli precedenti, che per legge rimarranno ad esclusivo carico del cedente.
Un ultimo importante limite al pagamento, che la legge prevede in favore dell’acquirente, è quello che la sua responsabilità è comunque limitata, nel massimo, al valore dell’azienda, o del ramo di azienda, che è stata trasferita: ad esempio, quand’anche risultasse un debito di un milione di euro relativo al biennio antecedente, se l’azienda fosse trasferita per un valore calcolato e dichiarato di centomila euro, l’acquirente risponderà solo di quest’ultimo importo e non oltre; la differenza rimarrà ad esclusivo carico del cedente.
Riepilogando in sintesi, l’acquirente risponde:
- dei debiti fiscali relativi all’anno in cui è avvenuta la cessione ed all’intero biennio precedente;
- nel biennio rientrano non solo le violazioni commesse in tale periodo, ma anche quelle commesse prima, se sono state contestate ed accertate nel biennio medesimo;
- l’acquirente risponde in seconda battuta, cioè solo dopo che il Fisco abbia richiesto prima il pagamento al cedente, e questi non abbia saldato i debiti;
- la responsabilità dell’acquirente non va oltre il valore dell’azienda che ha acquistato, anche se i debiti fossero maggiori;
- il certificato di debenza delimita l’ammontare del debito che potrebbe essere chiesto all’acquirente: quelli che non emergono dal certificato non possono essergli richiesti in pagamento.
La cessione di azienda: il trasferimento dei crediti e dei debiti
Per quanto concerne il trasferimento dei crediti, l’art. 2559 c.c prevede che il cessionario d’azienda subentra automaticamente nella titolarità dei crediti relativi all’azienda ceduta. In deroga alla disciplina generale sulla cessione dei crediti, la cessione diviene efficace nei confronti dei terzi debitori (oltre che con la notifica o con l’accettazione da parte di questi) con l’iscrizione nel registro delle imprese dell’intervenuto trasferimento d’azienda.
Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante. E’ quindi opportuno procedere in ogni caso alla notifica della intervenuta cessione d’azienda al debitore ceduto, in modo da rendere edotto il terzo che, nonostante l’iscrizione della cessione nel registro delle imprese, questi non dovrà pagare il cessionario bensì sempre il cedente.
Salvo patto contrario, il cedente è tenuto a garantire l’esistenza dei crediti ceduti al momento della cessione (art. 1260 c.c.), mentre non è tenuto a garantire il buon fine dei crediti ceduti, che si intendono ceduti pro soluto (art. 1267 c.c.).
Può essere previsto nel contratto di cessione d’azienda che i crediti vengano inizialmente ceduti all’acquirente d’azienda, il quale dovrà attivarsi per l’incasso degli stessi, salva la loro eventuale retrocessione all’alienante qualora, trascorso un determinato periodo, tali crediti risultino ancora insoluti. Tale clausola è utile quando il cessionario d’azienda incontri difficoltà nel procedere al recupero dei crediti afferenti l’azienda, ad es. per la necessità di doversi avvalere dei documenti e delle strutture amministrative relative all’azienda ceduta.
2. Il trasferimento dei debiti nella cessione di azienda
Con riferimento al trasferimento dei debiti contratti per l’esercizio dell’impresa che viene trasferita, l’art. 2560 c.c. dispone che l’acquirente risponde dei debiti relativi all’azienda ceduta se essi risultano dai libri contabili obbligatori. Con riferimento invece ai terzi, l’alienante è liberato dai debiti relativi all’azienda ceduta solo se i creditori vi acconsentano (espressamente).
Chi aliena un’azienda non è quindi liberato dai debiti, ma ne risponde anche l’acquirente se si tratta di azienda commerciale e se essi risultano dai libri contabili obbligatori, ovvero – ai sensi dell’art. 2214 c.c. – dal libro giornale e dall’inventario. In presenza di tali presupposti, tra cedente e cessionario dell’azienda si configura una responsabilità solidale verso i terzi per i debiti aziendali.
E’ tuttavia possibile una diversa previsione contrattuale, in base alla quale l’acquirente dell’azienda si obbliga a pagare anche i debiti contratti dall’alienante (o parte di essi) che non risultano dai libri obbligatori (c.d. patto di accollo).
In assenza di una simile pattuizione, la responsabilità dell’acquirente rimane limitata ai debiti risultanti dalle scritture contabili obbligatorie, ivi compresi i debiti risarcitori derivanti da atti o fatti del cedente che vengono fatti valere dal creditore successivamente alla cessione d’azienda.
Nella prassi, talvolta viene inserita nel contratto di cessione di azienda una clausola liberatoria, che escludere il trasferimento dei debiti in capo al cessionario, lasciando in capo al cedente la definizione dei rapporti pendenti con i fornitori. Tale clausola tuttavia vincola solo le parti, e non i terzi creditori; di conseguenza, il cessionario resta comunque obbligato in solido con il cedente, quando il debito risulta dai libri contabili obbligatori, fermo restando che in tal caso potrà rivalersi per il pagamento dei debiti sull’alienante.
È, pertanto, necessario che il cessionario, affinandosi ad un legale esperto in diritto d’impresa , presti molta attenzione alla solidità patrimoniale dell’alienante – se del caso facendosi garantire da un’idonea fidejussione o altra garanzia – e verifichi con attenzione, la situazione debitoria risultante dalla contabilità aziendale.
In definitiva dunque:
- sono responsabili in solido nei confronti dei creditori sia il cedente che il cessionario, quando i debiti inerenti all’azienda ceduta, sorti antecedentemente al trasferimento dell’azienda, risultano dai libri contabili obbligatori;
- è responsabile nei confronti dei creditori il solo cedente, per i debiti sorti antecedentemente al trasferimento dell’azienda non registrati nei libri contabili;
- è responsabile nei confronti dei creditori il solo cessionario, per i debiti sorti dopo il trasferimento dell’azienda.
Una deroga al principio generale di cui all’art. 2560 c.c. è prevista, per i debiti tributari, dall’art. 14 del D.lgs. n. 472/1997, ai sensi del quale il cessionario è responsabile in solido con il cedente per il pagamento delle imposte relative all’anno della cessione e ai due anni precedenti, nonché per le sanzioni relative anche agli anni precedenti, fino a concorrenza di un importo pari al valore dell’azienda ceduta. Il cessionario ha peraltro diritto al rilascio del cd. certificato fiscale liberatorio; se il cedente rilascia tale certificato ed esso è negativo, oppure non lo rilascia entro 40 giorni dalla richiesta, il cessionario è esonerato da responsabilità.
Una ulteriore, rilevante deroga è prevista dall’art. 2112 per i debiti del datore di lavoro verso i lavoratori .
3. La responsabilità del cessionario di azienda nei confronti dei creditori
La disciplina di cui all’art. 2560 c.c., e in particolare il requisito dell’iscrizione del debito nei libri contabili, è posta a tutela di due soggetti: l’acquirente dell’azienda e i creditori.
Sotto il profilo dell’acquirente, la norma è finalizzata ad evitare che il trasferimento dell’azienda sia un’operazione aleatoria, in cui l’acquirente si trovi a proprio carico passività ignote. Il fatto che il debito debba risultare dai libri “obbligatori” consente al cessionario di venire a conoscenza dei debiti che graveranno su di lui per effetto dell’acquisto dell’azienda. Per tale motivo, si ritiene che il cessionario non risponda dei debiti del cedente qualora i dati riportati nei libri contabili siano parziali, generici o carenti, ad esempio per ciò che concerne il soggetto creditore (Cass. 21 dicembre 2012 n. 23828).
D’altro canto, i creditori sono tutelati, almeno astrattamente, in quanto possono far valere i propri diritti nei confronti di entrambi i soggetti, cedente e cessionario. Tuttavia, in concreto i creditori incontrano notevoli difficoltà nel far valere la corresponsabilità del cessionario.
In primo luogo, infatti, è il creditore a dover dimostrare che il debito risulta dai libri contabili (Cass. 26 settembre 2017, n. 22418). Tale dimostrazione non è agevole, dato che i libri contabili non sono documenti pubblici ai quali i terzi hanno accesso (a differenza del contratto di trasferimento d’azienda, che deve essere iscritto nel registro delle imprese, ex art. 2556 c.c.), e comunque, anche qualora il creditore chiedesse l’esibizione dei libri contabili, il cessionario potrebbe opporsi. D’altra parte, anche se il contratto di cessione di azienda indicasse quali debiti passano all’acquirente, lo stesso non potrebbe essere utilizzato dai creditori per dimostrare la corresponsabilità del cessionario, in quanto essi sono terzi rispetto al cedente e al cessionario.
In secondo luogo, e soprattutto, la giurisprudenza prevalente interpreta la norma di cui all’art. 2560 c.c. in modo notevolmente rigido, in quanto ritiene che:
- l’iscrizione nei libri contabili non può essere sostituita dalla prova che l’acquirente conosceva l’esistenza dei debiti (Cass. 26 settembre 2019 n. 24101);
- i “libri contabili obbligatori” sono solo quelli indicati dall’art. 2214 c.c., non rilevando altri documenti, quali ad esempio il registro IVA degli acquisti (Cass. 3 marzo 1994 n. 2108);
- l’inesistenza dei libri contabili per qualsiasi ragione – ivi compresa la non obbligatorietà della tenuta degli stessi, come nel caso delle imprese minori, soggette a contabilità semplificata – preclude il sorgere della responsabilità del cessionario (Cass. 23 giugno 2016 n. 12984).
Pertanto – come è stato confermato di recente anche da Cass. 7 ottobre 2020 n. 21561 – i creditori, a seguito del trasferimento, subiscono il depauperamento del patrimonio aziendale senza poter agire contro il cessionario anche quando questi era di fatto al corrente del debito, salvo i casi in cui vi siano i presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria, o dell’azione di responsabilità contro gli amministratori, o dell’azione di nullità in caso di frode ai credito.
Con il trasferimento d’azienda, quindi, il cedente non viene liberato dai debiti, ma rimane obbligato insieme all’acquirente; in questo modo, il trasferimento d’azienda crea un vincolo di solidarietà tra alienante ed acquirente dell’azienda.
n particolare, l’articolo 2560 del codice civile stabilisce che l’alienante non è liberato nei confronti dei creditori, salvo che costoro acconsentano, e l’acquirente risponde dei debiti che risultino dai libri contabili obbligatori.
Come si evince da un’attenta lettura dell’articolo 2560 quindi, purché vi sia la responsabilità anche dell’acquirente dell’azienda, è necessario che i debiti risultino dai libri contabili, non essendo sufficiente la prova che l’esistenza dei debiti era comunque conosciuta da parte dell’acquirente.
L’inesistenza dei debiti dai libri contabili, dovuta a qualsiasi ragione (anche alla non obbligatorietà dei libri contabili stessi), rende impossibile l’elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’azienda. Se i debiti non sono stati trascritti, l’acquirente non è responsabile solidalmente.
La responsabilità solidale dell’acquirente produce effetti solo nei rapporti esterni con i creditori. Questo significa che, anche quando i debiti non vengono ceduti, se il cedente non paga, ne risponde l’acquirente come garante, salvo il diritto per quest’ultimo di richiedere al cedente il rimborso.
L’articolo 2560 del codice civile trova applicazione anche nel caso in cui l’oggetto della cessione sia solo un ramo dell’intera azienda. In tal caso, il cessionario risponde solo dei debiti che dalle scritture contabili risultano riferiti al ramo d’azienda a lui trasferito.
Inoltre, in caso di cessione di ramo d’azienda, l’acquirente risponde dei debiti che trovano riscontro nelle scritture contabili del cedente nel limite della proporzione esistente fra l’intera azienda ed il ramo acquistato. Pertanto, il credito del fornitore non può che proporzionarsi al valore della parte di azienda ceduta.
Infatti, viene ritenuto che il ramo d’azienda è inteso come un complesso organizzato di beni strutturato con una autonoma attività produttiva funzionalmente preesistente e quindi qualificabile come azienda commerciale. Secondo le norme del codice civile (articolo 2560) l’acquirente di quel ramo deve rispondere solo dei debiti inerenti a quella parte di azienda ceduta.
La regola prevista dall’articolo 2560 del codice civile è applicabile anche nell’ipotesi in cui l’azienda o il ramo d’azienda venga, anziché ceduta con compravendita, conferita in una società.
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