- 11 Marzo 2022
- Posted by: Cesare Longo
- Categoria: ULTIME NOTIZIE

Come indicare il bollo nella Certificazione unica dei forfettari?
Siamo ormai a ridosso del termine per la consegna del modello di Certificazione Unica 2022 ai soggetti percipienti a cui sono stati erogati compensi per prestazioni nel corso dell’anno 2021 ed ancora oggi il dubbio sulla corretta compilazione del modello attanaglia molti operatori.
Quest’anno, inoltre, sono stati istituiti ulteriori codici diversi da quelli utilizzati fino allo scorso anno.
Quelli che a noi interessano sono i seguenti:
- 22, nel caso di erogazione di redditi esenti ovvero di somme che non costituiscono reddito;
- 24, nel caso di compensi, non assoggettati a ritenuta d’acconto, corrisposti ai soggetti in regime forfetario di cui all’articolo 1, della L. 190/2014.
Una precisazione prima di proseguire: questi due codici sono da utilizzare in luogo rispettivamente dei codici 8 e 12 ora sostituiti.
Se per il secondo, che è stato eliminato, non vi sono problemi, il codice 8 è ancora in elenco con un’altra funzione.
L’eventuale errore nel suo utilizzo, quindi, potrebbe non essere rilevato dalle procedure di controllo, quindi è necessario fare attenzione.
Tornando all’analisi, l’obbligo di apporre il bollo sul documento è a carico del soggetto che lo predispone, partendo da questo assunto molti indicando l’importo del bollo nella CU, ricomprendendolo tra i compensi erogati al professionista in regime forfettario. Si tratta di una soluzione, a parere di chi scrive, errata.
Come indicare l’imposta di bollo nella Certificazione Unica 2022 per i soggetti forfettari
Con il codice 24 infatti è richiesta l’indicazione dei “compensi” e non di somme di altra natura, che al più possono essere considerate come un elemento accessorio all’onere principale. Accessorie, quindi, al compenso erogato al professionista, ma non parte dello stesso.
Si riporta di seguito un estratto della risoluzione 444/E del 18 novembre 2008:
“… La stessa conclusione vale nel caso in cui l’imposta di bollo sia stata esplicitamente traslata sul cliente da parte del professionista ed evidenziata a parte nella fattura o ricevuta; come precisato dalla scrivente con la risoluzione del14 luglio 1995 n. 199, nulla vieta, infatti, che l’importo del tributo dovuto dal professionista in relazione al documento rilasciato al cliente sia a quest’ultimo addebitato in aggiunta al compenso professionale. Anche in tale ipotesi, l’imposta, separatamente addebitata nella fattura o ricevuta emessa, può essere considerata un costo accessorio alla prestazione professionale ed essere computato nella determinazione dell’onere detraibile”.
Da questo passaggio emerge che l’Agenzia delle Entrate considera il bollo come una imposta aggiunta al compenso separatamente indicato e non elemento stesso.
Alla luce di quanto evidenziato, a parere di chi scrive, anche nel caso del bollo addebitato nelle fatture emesse da soggetti che applicano il regime forfettario di cui alla legge 190 2014 è più corretto ricomprendere l’importo tra le “somme che non costituiscono reddito” di cui al codice 22.
Anzi partendo dal presupposto che l’addebito dell’imposta di bollo non è in senso stretto una anticipazione “in nome e per conto”, che nel compilare la CU “…nel punto 4 va indicato l’ammontare lordo del compenso corrisposto al netto dell’IVA eventualmente dovuta”, che l’imposta di bollo è alternativa all’IVA per effetto di quanto all’articolo 6 della Tabella Allegato B al Dpr 642/72 e dell’articolo 7, comma 5 della legge 405/1990 si potrebbe affermare che, per analogia, si dovrebbe applicare lo stesso trattamento dell’IVA, e quindi le somme non sarebbero nemmeno da indicare nella CU.
Entreremmo, però, in un contesto di “estremismo tributario”.
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