- 9 Gennaio 2022
- Posted by: Cesare Longo
- Categoria: Guide Fiscali

Prima di tutto dobbiamo chiarire che la questione della partita IVA non riguarda solo Airbnb, ma coinvolge qualsiasi portale telematico utilizzato per promuovere la propria abitazione e non solo! Anche se tu decidessi di non pubblicare il tuo immobile su nessuna di queste piattaforme saresti comunque tenuto a rispettare la normativa che andremo ad illustrare adesso.
In poche parole non basta chiedersi se con Airbnb partita IVA serve oppure no, ma bisogna chiedersi se questa posizione è obbligatoria quando in generale si affitta il proprio appartamento a turisti, attraverso qualsiasi forma di promozione, che sia un cartello o un sito web.
Chiarito ciò, possiamo rispondere alla domanda iniziale specificando che non è obbligatoria l’apertura di una partita IVA per chi affitta in locazione turistica, a patto però che siano rispettati determinati requisiti.
- Numero di appartamenti. La normativa stabilisce che si considera gestione non imprenditoriale (quindi senza partita IVA) quella che riguarda non più di 4 unità. Questo significa che potrai liberamente affittare fino a quattro immobili anche come persona fisica senza partita iva.
- Assenza di servizi aggiuntivi. Non potrai offrire extra come il transfer da e per l’aeroporto, visite guidate, ecc. Dovrai limitarti ad accessori basilari come lenzuola, asciugamani, Wi-Fi, sapone, eccetera.
- Pulizie effettuate solo al termine del soggiorno. Non è permesso quindi sistemare l’appartamento ogni giorno come fanno gli hotel. La pulizia va svolta per forza solo una volta, al termine della locazione.
- Periodo di inattività. Alcuni comuni (ma non tutti) richiedono anche un periodo di chiusura annuale. Ad esempio a Milano questo periodo è di 3 mesi, durante i quali saresti comunque libero di affittare con una locazione tradizionale. Va detto che però al momento poche zone impongono questo requisito.
La Legge di Bilancio 2021 ha sancito che, a partire dal periodo d’imposta 2021, l’attività di locazione breve si presume svolta in forma imprenditoriale se il locatore loca più di quattro appartamenti per ciascun periodo d’imposta.
Se pensi di rispettare i punti sopraccitati, allora puoi affittare liberamente senza partita IVA. Ma questo non è l’unico vantaggio. Ad esempio potrai:
- Utilizzare la cedolare secca al 21% (o al 10% a seconda di dove si trova la casa);
- Approfittare di regole meno stringenti. Per avviare questa attività di locazione la burocrazia sarà molto più semplificata e anche l’appartamento, sebbene dovrà essere in buono stato e perfettamente funzionante, non dovrà sottostare a specifici criteri più stringenti che vengono richiesti per altre strutture ricettive con partita IVA come ad esempio i Bed & Breakfast.
Se l’attività che svolgi è invece saltuaria e non continuativa nel tempo, potrà continuare ad effettuarla tramite ricevute di prestazione occasionale.
Fino ai 5.000 euro di ricavi, dovrà versare solo l’Irpef, superati i 5.000 euro, oltre all’Irpef, dovrà versare anche i contributi.
Nel momento in cui la sua attività diventa abituale e continuativa nel tempo, dovrà aprire la sua Partita Iva.
Airbnb, con più di 4 appartamenti in affitto si diventa un’impresa
partire dal giorno 1 gennaio 2021, per effetto dell’efficacia del comma 595 dell’articolo 1 della Legge 178/2020, la Legge di Bilancio 2021, il regime fiscale della locazione breve è riconosciuto solo nel caso in cui un contribuente destini a questa finalità non più di quattro appartamenti nel periodo di imposta; nel caso in cui questo limite venga superato, l’attività esercitata “si presume svolta in forma imprenditoriale ai sensi dell’articolo 2082 del Codice civile”, anche quando svolta per il tramite di intermediari.
Si discute se la presunzione di imprenditorialità possa essere superata da una dimostrazione di mancanza di organizzazione, ma, dato il tenore della norma, la discussione appare sterile.
La persona fisica che dovrà esercitare la locazione come attività di impresa sarà obbligata all’apertura della partita IVA come ditta individuale, agli adempimenti fiscali conseguenti, a rinunciare alla cedolare secca e al versamento dei contributi commercianti; che si configura in un notevole aggravio per il contribuente, in termini di costi e di carico amministrativo.
Una strada percorribile, potenzialmente meno ripida, è rappresentata dal regime forfetario, per l’applicazione del quale, per il caso in esame, non appaiono previste esclusioni.
La locazione breve è un contratto di locazione turistica che viene inquadrato dal Legislatore come una prestazione di servizi turistici, per la quale è stato predisposto il codice Ateco 55.20.51 “Affittacamere per brevi soggiorni, case ed appartamenti per vacanze, bed and breakfast, residence”.
L’articolo 1 comma 57 della Legge 190/2014 disciplina le situazioni per cui non può essere applicato il regime forfetario di determinazione del reddito, e non essendo il trattamento fiscale ordinario di questa tipologia di servizi determinato con criteri forfettari, non appaiono esserci limitazioni evidenti alla sua applicazione (l’esclusione esplicita per il settore immobiliare si riferisce alla vendita, non alla locazione), se non le cause di esclusione che possono interessare lo specifico contribuente in base alla sua situazione specifica.
A comprova di ciò, per le “attività dei servizi di alloggio” del gruppo Ateco 55 è stato previsto un coefficiente di redditività, per il regime forfetario, del 40%, pubblicato su Gazzetta Ufficiale.
La possibilità di esercitare questa attività in regime forfetario parzialmente riduce l’aggravio per il contribuente. Sarà comunque necessario aprire una posizione IVA, ma il regime agevolato esonera dai numerosi adempimenti fiscali a cui sono obbligati gli imprenditori individuali in contabilità semplificata.
Da un punto di vista prettamente finanziario, il regime forfettario prevede una imposta sostitutiva del 15% sui ricavi, abbattuti dei costi forfettariamente determinati (che nella fattispecie in esame sono il 60%, essendo previsto un coefficiente di redditività del 40%), al netto dei contributi previdenziali versati. Tra l’altro per i primi anni di attività è anche possibile usufruire di una aliquota agevolata del 5%.
L’onere più gravoso è rappresentato dall’obbligo di corrispondere i contributi commercianti, conseguenza diretta dell’esercizio dell’attività in forma d’impresa; ma per i contribuenti forfettari è prevista la possibilità di una loro riduzione dietro istanza.
Osservando la questione solo da un punto di vista fiscale, il regime forfetario può risultare anche più conveniente della cedolare secca; e lo sarà sicuramente per quei contribuenti che, in quanto già coperti da altra posizione previdenziale prevalente, non saranno obbligati al versamento dei contributi commercianti. Anche a coloro invece che lo saranno l’utilizzo di questo regime offrirà delle linee di convenienza, pur non ugualmente marcate.
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