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L’Agenzia delle Entrate ogni anno effettua controlli sulla correttezza dei redditi di fonte estera dichiarati dai contribuenti fiscalmente residente in Italia.

Questo tipo di controlli deriva, essenzialmente, dal confronto tra i dati arrivati dalle agenzie fiscali degli stati esteri (UE ed extra UE aderenti al “CRS” – Common Reporting Standard Direttiva 2011/16/UE). Di fatto, quindi, l’Agenzia delle Entrate quando riscontra delle incongruenze tra i dati in suo possesso e quelli dichiarati dal contribuente, opera con due diverse modalità:

  • Inviando una lettera di compliance, quando il contribuente ha presentato la dichiarazione dei redditi ed ha omesso o dichiarato in modo errato redditi di fonte estera e/o attività patrimoniali e finanziarie di fonte estera ai fini del rispetto della normativa sul monitoraggio fiscale (e del versamento di Ivie ed Ivafe);
  • Inviando una richiesta di invito a comparire per instaurare un procedimento di accertamento con adesione (ex art. 5-ter del D.Lgs. n. 218/97). Questa procedura si attiva quando il contribuente non ha presentato la dichiarazione dei redditi in Italia (pur essendone obbligato secondo l’Agenzia delle Entrate) omettendo la dichiarazione dei redditi di fonte estera.

In questo articolo intendo approfondire il procedimento di accertamento utilizzato dall’Agenzia delle Entrate in caso di redditi esteri non dichiarati in caso di dichiarazione dei redditi “omessa” (la dichiarazione omessa è quella che non è stata presentata o che viene presentata oltre i 90 giorni dal termine ordinario di presentazione).

Caso classico di questa casistica è il contribuente che nel periodo di imposta ha vissuto all’estero, percependo redditi di fonte estera, non perfezionando la procedura di trasferimento di residenza fiscale all’estero (magari perché non si è iscritto all’AIRE).

Detto questo andiamo ad analizzare, anche attraverso un esempio pratico, come avviene la procedura di accertamento con adesione in caso di redditi di fonte estera non dichiarati in Italia.

Andremo ad analizzare il comportamento tenuto dall’Agenzia delle Entrate e le scelte a disposizione del contribuente (in ordine all’acquiescenza o all’eventuale ricorso tributario).

La notifica di inviti a comparire connessi a redditi di fonte estera non dichiarati deriva, spesso, da problematiche connesse alla corretta identificazione della residenza fiscale per il contribuente.

Sul punto, senza entrare nel dettaglio della questione, si ricorda che ai sensi dell’art. 3 del TUIR, l’imposta sul reddito delle persone fisiche si applica sul reddito complessivo formato per i soggetti residenti da tutti i redditi posseduti, indipendentemente dallo Stato in cui essi sono percepiti (c.d. “principio di tassazione su base mondiale“).

Ai fini delle imposte sui redditi sono considerati residenti (art. 2, co.2 del TUIR) le persone che per la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni nell’anno) sono, alternativamente:

  • Iscritte nelle anagrafi comunali della popolazione residente;
  • Hanno il domicilio nel territorio dello Stato, ex art. 43, co. 1 c.c.;
  • Hanno la residenza nel territorio dello Stato, ex art. 43, co. 2 c.c.

Questo significa, di fatto, che se un contribuente pur residente all’estero rimane iscritto all’anagrafe della popolazione residente di un comune italiano, questi rimane considerato fiscalmente residente in Italia. Sostanzialmente, l’Agenzia delle Entrate, considera presunzione legale assoluta di residenza in Italia il mantenimento dell’iscrizione anagrafica in Italia del soggetto espatriato all’estero.

Per questo motivo, l’iscrizione AIRE pur essendo un adempimento formale, è indispensabile per perfezionare la procedura di trasferimento di residenza all’estero.

La notifica dell’invito a comparire per redditi esteri non dichiarati

Il soggetto che non si trova in regola con le disposizioni sopra indicate è soggetto alla notifica di un invito a comparire da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’invito a comparire è il passo di apertura della procedura di accertamento con adesione ex art. 5-ter del D.Lgs. n. 218/97. Tale procedura può essere attivata, lo ricordiamo, non solo dal contribuente ma anche dalla stessa Agenzia delle Entrate, nei termini di accertamento previsti per le imposte sui redditi.

In caso di dichiarazione dei redditi omessa il termine di accertamento si conclude con il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui si sarebbe dovuto presentare la dichiarazione dei redditi. Per approfondire: “Termini di accertamento delle imposte sui redditi“.

L’invito a comparire ha come obiettivo quello di instaurare una fase interlocutoria con il contribuente al fine di verificare se i dati in possesso dell’Agenzia sono corretti, oppure se il contribuente può fornire prove della correttezza del suo comportamento. La ratio dell’accertamento con adesione è proprio questo, ovvero permettere alle due parti in gioco di negoziare la pretesa e di ottenere la riduzione delle sanzioni al terzo del minimo, quand’anche nell’accertamento siano irrogate nella misura massima.

Il procedimento di accertamento con adesione

Il contribuente è chiamato a presentarsi all’invito personalmente, oppure tramite la nomina di un procuratore munito di procura speciale, ex art. 63 del DPR n. 600/73. Per ogni incontro deve essere predisposto un verbale in cui devono risultare le motivazioni addotte e la documentazione eventualmente prodotta.

Il contribuente viene messo a conoscenza della posizione dell’ufficio che nel caso in esame è dettata dalla normativa fiscale nazionale in termini di residenza fiscale (art. 2 del TUIR) e sulle disposizioni contenute nell’art. 15 del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni. Tale disposizione prevede, per i redditi da lavoro dipendente, che: “i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’atro Statto contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in detto altro Stato“.

Tale disposizione, ricordiamo, non prevede una tassazione esclusiva dei redditi da lavoro dipendente nello Stato di percepimento (della fonte), ma una tassazione concorrente con lo Stato di residenza fiscale.

Sulla base di questa disposizione l’Agenzia delle Entrate accerta il maggior reddito non dichiarato dal contribuente, ai fini Irpef ed ai fini delle addizionali regionali e comunali.

Il maggior reddito è poi sottoposto all’applicazione di sanzioni amministrative connesse all’omessa presentazione della dichiarazione. Si tratta della sanzione amministrativa che va dal 120% al 240% delle imposte dovute e non versate. Tale sanzione viene aumentata di un terzo in quanto si tratta di redditi di fonte estera. Andiamo a riepilogare, nella tabella seguente, le sanzioni applicabili ai fini delle imposte sui redditi e la riduzione applicabile in caso di accertamento con adesione.

VIOLAZIONE SANZIONE RIDUZIONE PER ACCERTAMENTO CON ADESIONE
Omessa presentazione della dichiarazione avente oggetto redditi esteri (art. 1 co. 1 e 8 D.Lgs. n. 471/97) Dal 160% al 320% del maggior reddito Riduzione ad 1/3 del minimo applicabile

Questa è la situazione con cui deve scontrarsi il contribuente a cui viene notificato un invito a comparire per redditi di fonte estera non dichiarati in Italia. Quando oltre al reddito non dichiarato vi sono anche attività finanziarie estere non dichiarate si rendono applicabili anche le sanzioni legate all’omesso monitoraggio fiscale. Si tratta delle sanzioni previste dall’articolo 5 del D.L. n. 167/90, modificato dalla Legge n. 97/2013. Si tratta delle sanzioni indicate nella seguente tabella.

VIOLAZIONE SANZIONE RIDUZIONE PER ACCERTAMENTO CON ADESIONE
Omesso monitoraggio fiscale (art. 5 D.L. n. 167/90) Dal 3% al 15% degli importi non dichiarati
Dal 6% al 30% se vi è detenzione in paese Black List
Riduzione ad 1/3 del minimo applicabile (*)

(*) Le sanzioni da omessa/irregolare compilazione del quadro RW, previste dall’art. 5 del D.L. n. 167/90, necessitano di un discorso particolare, valevole nella misura in cui alla violazione sia associato il recupero di una maggiore imposta. Si pensi alle fattispecie ove, dalla violazione sul monitoraggio fiscale, emergano le presunzioni degli artt. 6 del D.L. n. 167/90 e 12 del D.L. n. 78/2009. Nel caso deve rendersi applicabile anche la riduzione della sanzione.

L’atto di accertamento con adesione e le scelte a disposizione del contribuente

Arrivati a questo punto il contribuente ha la possibilità di far valere le proprie ragioni (nei 90 giorni di instaurazione del contraddittorio), sia per quanto riguarda l’eventuale volontà di avvalersi della normativa convenzionale per la definizione di residenza fiscale, sia per quanto riguarda l’applicazione del credito per imposte estere sul reddito di fonte estera non dichiarato. In questa sede non riprenderemo le considerazioni già affrontate in altri contributi di questo portale in relazione alla possibilità di far valere la residenza fiscale estera in virtù delle disposizioni convenzionali. Si tratta, in poche parole, di procedura complessa e da seguire solo in specifici casi.

Per quanto riguarda il riconoscimento del credito per imposte estere è importante, invece, effettuare qualche precisazione. In particolare, la Corte di Cassazione (ordinanza 9725 depositata il 14 aprile 2021) si è espressa circa la possibilità di scomputare le imposte pagate all’estero anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi qualora con il paese della fonte e l’Italia sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni. In questo caso il principio generale convenzionale che prevede in ogni caso la necessità di evitare la doppia imposizione tra i due Stati contraenti prevale sul dettato normativo interno rappresentato dall’articolo 165 comma 8 del TUIR. Questo dettato normativo è proprio quello applicato dall’Agenzia delle Entrate in sede di accertamento. Per questo motivo è di fondamentale importanza per il contribuente essere in possesso della documentazione in grado di dimostrare il versamento (a titolo definitivo) delle imposte all’estero nel periodo di imposta considerato (o comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi di quell’annualità).

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